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Il copywriting: la parola a chi si occupa di parole

da | 17 Nov 20 | Sviluppo siti web

Nella realizzazione di un sito web la creazione dei testi è una parte fondamentale; un sito web deve spiegare come opera la tua azienda, quali sono i suoi prodotti ed i suoi punti di forza ed i testi devono di conseguenza essere chiari, immediati e comprensibili.

Sapendo questo e riconoscendo la differenza fra le professionalità Eld Engineering collabora con Ilaria Russo, una copywriter di provata esperienza . Ed è proprio ad Ilaria che abbiamo rivolto alcune domande sulla sua professione e la sua evoluzione , ecco le sue risposte.

Ciao Ilaria, come descriveresti il tuo lavoro di copywriter?
Mi sento un maniaco delle parole. Quando ascolto o leggo spesso mi distraggo perché catturata da un termine o, più frequentemente, da un errore. Premesse a parte, il copy oggi è prevalentemente un web copy. Quindi passa le giornate a scrivere newsletter (e l’oggetto delle mail, difficilissimo), banner pubblicitari, descrizioni di prodotti per ecommerce, ovviamente i contenuti dei siti web. Io faccio anche consulenza e formazione per chi si occupa di personal branding e deve capire in quali errori non incappare quando parla di sé.

Quante delle competenze che hai acquisito nel tempo arrivano dall’esperienza sul campo e quante da studio, corsi o da un continuo aggiornamento tramite Internet?
Direi che è fondamentale aver studiato bene l’italiano a scuola, leggere tanto. L’esperienza fa tantissimo, ovviamente: ti rende più veloce, più scaltro, più furbo anche dal punto di vista creativo. E l’aggiornamento è fondamentale, oggi più che mai. Il digital si evolve alla velocità della luce: quel che era vero ieri oggi è già cambiato, domani è superato. Se non ti aggiorni sei superato pure tu.?

Copywriting pubblicitario e copywriting per il web: quali sono le differenze e gli aspetti in comune?
In comune: l’uso “scaltro” della lingua, i giochi di parole, la fantasia e la creatività. Differenze, non saprei: io ho sempre lavorato prevalentemente per il web, credo che oggi comunque non ci sia questa gran differenza: chi fa il copy scrive per il cliente/lavoro del momento: può essere sul web o per un annuncio radio, cambia poco.

Senza svelare i tuoi segreti , quali sono le “best practices” che hai sempre in mente quando scrivi per un sito Internet?
Andare a fare una passeggiata per farmi stimolare da quel che vedo (un colore, un annuncio sul tram, un paio di scarpe ai piedi di un passante, la forma di un albero…); andare al cinema; prendere appunti tutte le volte che mi si balugina un’idea nella testa (spesso al mattino presto, nel dormiveglia ?); non consegnare mai un lavoro di fretta – lasciare che ci sia il tempo per riguardarlo a mente fredda, dopo qualche giorno.

Che consiglio daresti a un giovane che vorrebbe fare del copywriter per il web la propria professione?
Fare un buon liceo. Scegliere una facoltà umanistica. E poi solo dopo specializzarsi in Comunicazione o Copywriting. E non rifiutare mai un lavoro: quando impari, tutto fa brodo. Anche alla mia età, a dire il vero.

L’attuale situazione dovuta all’epidemia del Covid-19 ha in qualche modo influenzato il tuo modo di scrivere o le richieste che ti arrivano dai clienti?
Entrambe le cose: mi chiedono più newsletter, cioè una maggiore comunicazione diretta con la propria community. Dal canto mio, ho cambiato un po’ il tone of voice – quando è compatibile con quello del brand: più empatia, più ironia, più partecipazione – come dire: siamo tutti nella stessa barca, coraggio ma… guarda che scarpe fighe, abbiamo bisogno d’evasione ?

Come vedi il futuro e le eventuali evoluzioni della professione di copywriter ?
Mah, domanda da mille dollari! Credo che tutta la comunicazione sarà sempre più UX, cioè metterà al centro non più esclusivamente il prodotto ma l’utente e la sua esperienza (di acquisto, di informazione, di sogno…). Si lavorerà più sui microcopy e sul UX copywriting, si progetterà il “viaggio” del consumatore in pool progettuali compositi, tutti insieme: non ci sarà più chi progetta il sito, poi chi pensa al visual e solo alla fine il “copy che scrive” riempiendo degli spazi predefiniti, in base a un menu formulato in teoria. C’è bisogno di un nuovo “umanesimo digitale”, in cui chi si occupa della lingua, cioè chi parla all’utente, deve essere coinvolto in tutti i processi di progetto: sono io a parlargli, so anch’io dove e quando farlo – non solo cosa dirgli.

Grazie per le tue risposte, Ilaria !

 

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